Ma noi non ci saremo

Si aprono giovedì 14 giugno in Russia i Mondiali, orfani della nazionale italiana. Ne abbiamo parlato con Stefano Bizzotto, in occasione della presentazione del suo nuovo libro “Il giro del Mondo in una coppa”

Ogni quattro anni capita che per un mese d’estate il Mondo in qualche modo si fermi, lasciando rotolare al suo posto il pallone dei Mondiali di calcio. Una festa globale più che un semplice torneo sportivo, capace di coinvolgere molto oltre la già ampia fetta degli appassionati calciofili. Anche i tifosi azzurri, superato il trauma della mancata qualificazione, in questo mese avranno inevitabilmente lo sguardo rivolto in Russia per sbirciare, forse un po’ invidiosi, i campioni che si contenderanno il trofeo più sognato dai bambini di tutto il Mondo.

Non solo calcio però, al Mondiale l’attenzione si allarga agli aspetti che le altre competizioni sportive non colgono: popoli interi che si fondono con i propri beniamini attraverso il loro folklore, le loro questioni sociali e le loro storie. E sulle storie si basa l’ultima fatica letteraria di Stefano Bizzotto, volto e voce dello sport targato Rai: “Il giro del Mondo in una coppa. Partite dimenticate, momenti indimenticabili dell’avventura Mondiale”.

“Un’idea nata rivivendo alcuni momenti della mia vita professionale, situazioni che ho vissuto in prima persona, ma anche ripensando alle tante storie che ho letto e che conservo nel mio archivio privato: personaggi, ritratti, profili e storie anche di 20 o 30 anni fa e che mi ero ripromesso di approfondire”, ci ha raccontato Bizzotto in occasione della presentazione del libro organizzata dal Coni del Trentino. “Non è la storia del Campionato del Mondo, non vi si trovano risultati, statistiche o tabellini; è piuttosto una serie di racconti nei quali il Campionato del Mondo fa capolino, direttamente o indirettamente”.

Cronaca in effetti ce n’è poca, a dispetto della solita scrupolosa preparazione giornalistica, Stefano Bizzotto nel suo giro del Mondo cede molto volentieri il passo alla narrativa, ripescando storie, curiosità e aneddoti legati alle varie edizioni del Mondiale. Così si parte dalla prima, quella del 1930, fatta di un calcio del tutto diverso da quello che conosciamo oggi, per scoprire da una divertente foto d’epoca di quando i giocatori dell’Uruguay andarono a giocare la finale prendendo un autobus di linea, alcuni seduti, altri in piedi. Oppure di quando il capitano dell’Argentina lasciò il ritiro per tornare a casa a sostenere un esame universitario e saltò quindi la partita contro il Messico, che venne arbitrata dal boliviano Saucedo, allenatore di un’altra compagine partecipante allo stesso Mondiale.

Storie di un altro calcio, tragicomiche come quella del portiere cileno Rojas che al Maracanà contro il Brasile durante le qualificazioni ad Italia ‘90 cadde come colpito da un petardo, mentre aveva semplicemente nascosto una lametta nel guanto con cui si tagliarsi per ottenere la vittoria a tavolino. Venne scoperto ed il Cile fu squalificato per due Mondiali. Storie anche dal finale drammatico, come quella di Joe Gaetjens, che nel 1950 segnò per gli Stati Uniti il gol della vittoria contro l’Inghilterra e qualche tempo dopo, tornato ad Haiti, venne sequestrato dalla polizia segreta del dittatore Duvalier e non fu più ritrovato, né vivo né morto. O come quella di Andrés Escobar, difensore colombiano autore dell’autogol che elimina la sua nazionale da USA ’94 e per questo al ritorno in Colombia viene assassinato dai narcotrafficanti.

Ma quello di Russia 2018 che Campionato del Mondo sarà secondo Stefano Bizzotto? L’assenza dell’Italia lascerà maggiore spazio al racconto di altre storie mondiali? “Rispetto a qualche anno fa internet e i social fanno sì che ci siano giocatori che sono campioni di tutti e non solamente dei loro connazionali”, spiega il giornalista bolzanino. “Anche noi sappiamo tutto di Ronaldo, Messi o Neymar, per questo motivo ci sarà comunque un grande interesse anche attorno ad un Mondiale senza Italia, che non si è qualificata per demeriti suoi, molti, ma anche per un po’ di sfortuna: la Svezia ha vinto lo spareggio praticamente senza mai tirare in porta”. Per ripartire, conclude Bizzotto, bisognerebbe non avere fretta: “La Germania è un ottimo esempio: 15 anni fa era più o meno nelle nostre condizioni di oggi, poi ha rivoluzionato il sistema dei settori giovanili e 10 anni dopo ha iniziato a raccogliere grandi risultati; ma se in Italia ci mettiamo al lavoro adesso, abbiamo la pazienza di aspettare 10 anni?”.

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