Per i bambini in fuga dalla Siria

L'associazione fondata ad Arco per dare speranza ai profughi ha presentato a Trento la drammatica realtà

Occhi tristi, sospettosi. Espressioni corrucciate, sguardi che non lasciano indifferenti. È soprattutto per ridare una possibilità di futuro ai bambini che è nata Speranza-Hope for Children, associazione onlus fondata ad Arco nell'aprile 2014 da un gruppo di volontari trentini che già dal 2013 operavano in sostegno ai profughi siriani in Turchia e in Siria.

Lo ha raccontato il presidente Gaetano Turrini insieme ai responsabili dei viaggi umanitari e delle iniziative avviate dall'associazione nell'incontro "Dalla Siria ai Balcani. L'esodo del Popolo Siriano", svoltosi venerdì 3 febbraio a palazzo Geremia, a Trento.

"Dal 2011 a oggi, la guerra civile siriana ha provocato 300 mila vittime e costretto migliaia di persone a fuggire, un esodo ininterrotto di profughi; nel dicembre scorso Aleppo, più volte bombardata, è caduta, conquistata dal regime di Assad che blocca i corridoi umanitari", ha spiegato la presidente del Consiglio comunale di Trento Lucia Coppola, introducendo l'incontro e inquadrando il contesto in cui si inserisce l'operato dell'associazione, in soccorso al popolo siriano e ai migranti e rifugiati che fuggono dalla guerra, dalla fame e dalla povertà.

"I nostri progetti non mirano a intervenire solo nell'immediato, in situazioni di emergenza, ma a lungo termine", ha detto Turrini, spiegando le motivazioni che hanno portato alla fondazione di un'associazione che fa della speranza non un semplice ideale, ma la linfa propulsiva per concretizzare "una necessità intima di fare insieme che si è trasformata in un proposito di sostegno etico e materiale".

"Desideriamo essere artigiani della pace, non spettatori e il nostro impegno è dedicato soprattutto ai bambini: cerchiamo di garantire servizi fondamentali come l'istruzione, l'assistenza sanitaria, la distribuzione del pane in un paese in cui scuole, ospedali, panifici sono stati distrutti, e di farlo in modo continuo" – ha proseguito Turrini, spiegando la metodologia di lavoro adottata -: il nostro è un percorso che desideriamo fare insieme alla comunità trentina, avvalendoci dell'esperienza delle associazioni di volontariato internazionale sparse nella nostra regione". Un lavoro che comprende un continuo approfondimento, incontri aperti alla cittadinanza e nelle scuole in tutta Italia per informare su ciò che sta avvenendo e incontri di formazione per chi si avvicina all'associazione e vuole entrare a farne parte.

"Tredici milioni e mezzo di sfollati, 5 milioni di profughi, mezzo milione di morti sono numeri che fanno riflettere, ma rimangono astratti, anche un solo morto è già troppo – ha detto Feras Garabawy, studente arabo di medicina, illustrando i progetti umanitari internazionali di cui è responsabile -: un convoglio umanitario inviato da grandi organizzazioni sarebbe facilmente individuabile e bombardato, invece una piccola associazione come la nostra, che lavora in silenzio senza dare nell'occhio, può offrire un aiuto capillare più efficace e soprattutto personalizzato perché entriamo nelle case per conoscere le storie e i bisogni delle famiglie che aiutiamo".

In Siria, Hope for Children opera nella regione di Aleppo e oltre alla Clinica pediatrica nel campo profughi di Bab al Salam, alla quale accedono 150 bambini al mese, alle Scuole della speranza, che si trovano sotto terra, in edifici bombardati e abbandonati, frequentate da 650 bambini, alla distribuzione del pane per 20 famiglie di vedove con in media 5 bambini e alla Clinica specializzata nella cura gratuita della leishmaniosi (a causa delle gravi condizioni di vita,la malattia colpisce anche l'uomo, ndr), significativa è l'attività di produzione di Hope, la mascotte dell'associazione, che consente a 40 donne di mantenere la propria famiglia: "Acquistando un orsetto, si adotta la famiglia della donna che l'ha realizzata e in questo modo le si consente di autosostenersi e aiutare la propria comunità".

Hope for children svolge attività di aiuto e di sostegno anche ai rifugiati che sono in cammino nei Balcani, in Serbia e in Grecia come ha spiegato Alessandra Abidin, volontaria di origine libanese responsabile dei viaggi umanitari, raccontando alcuni aneddoti: "Sono stata a Belgrado, a distribuire pasti caldi, guanti, scarpe a oltre mille migranti che vivono vicino alla stazione, a Salonicco, a Kilis, in Turchia; conosciamo i rischi che corriamo, ma sento il dovere di fare qualcosa in nome della pace".

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